Dopo tanti anni di attesa, turisti stranieri increduli di fronte all'assenza di un museo dedicato al Caravaggio del cinema mondiale, eccomi qua, a parlare del luogo che vuole raccontare il mondo, le fantasie, i sogni e le creazioni di Federico Fellini, il riminese più illustre.
Nato il 20 gennaio 1920 ha trascorso in città gli anni dell'adolescenza, fino al 1938/39.
Ovviamente ci sono tutti i luoghi dove ha vissuto o che ha raccontato nei suoi film che costituiscono un vero e proprio museo a cielo aperto.
L'esperienza al Museo Fellini però vuole essere di segno differente, vuole agevolare un'immersione nelle sue atmosfere e nei suoi mondi grazie a tante installazioni multimediali.
Oggi il classico museo con oggetti racchiusi nelle teche sarebbe fuori tempo massimo e qui viene in aiuto la tecnologia.
Prima di tutto diciamo che il museo è suddiviso in tre sezioni, due all'interno di edifici ed una all'aperto.
Il mio consiglio è di iniziare dalla sede presso il Cinema Fulgor, ovvero il luogo dove il regista si è innamorato del mondo del cinema andando a vedere tutte le proiezioni dei classici filmoni americani. Entrando gratis, visto che disegnava le locandine dei film o faceva i ritratti degli attori che poi il proprietario rivendeva.
Il palazzo del Fulgor è quella porzione del Museo dove anche chi non ha mai visto nessun film, può crearsi una base conoscitiva felliniana. Guardando i suoi film, le interviste ad amici o collaboratori, consultando documenti e testimonianze di ogni genere.
E sul retro dell'edificio in piazzetta San Martino dove c'è l'ingresso del Museo è presente anche la bestiola che ne è diventato il logo, ovvero Rina, la rinocerontessa di 800 chili, riproduzione dell'originale che compare nel film 'E la nave va' del 1983.
Nello spazio che ci separa dalla seconda e maggiore sede, c'è una parte del museo a cielo aperto.
Si tratta di un'installazione circense, la classica pista del circo.
Un mondo di cui Fellini subiva un fascino veramente profondo, non è un caso che in alcuni film tra cui Amarcord, uno degli attori fosse Nando Orfei. E che avesse girato un omaggio-documentario sull'universo dei Clown.
Questa è anche la piazza dove piantavano i tendoni i circhi di passaggio in città.
Più vicini all'ingresso della rocca malatestiana, ovvero Castelsismondo, dove è allestito l'80% del Museo, c'è un angolo-giardino dedicato a Tonino Guerra, indimenticato poeta dialettale e sceneggiatore. Qui sono presenti alcune lampade ideate dal poeta pensando a Tolstoj e tante piante ed arbusti tipiche della Romagna.
Ma è solo entrando nella sua sede principale che si può quantomeno provare ad immergersi nelle atmosfere evocate da Fellini.
Oltre al vento, alla nebbia, al mare, presenze quasi costanti nei film, cordone ombelicale con le sue origini, vengono raccontati i suoi legami con la moglie Giulietta Masina (l'attrice protagonista de La Strada e Le notti di Cabiria, i primi due oscar del regista), con l'amico ed alter-ego Marcello Mastroianni, con la città natale, per passare agli abiti di scena del film Roma ed Il Casanova, le testimonianze degli amici nei confessionali, le musiche molto evocative dei suoi film, il libro dei sogni ed il mondo magico.
E tanto altro, sempre sospesi tra magia e realtà.
Realtà che nei suoi film ha raccontato a volte anche in maniera critica, come ne La Dolce Vita, del 1960, provocando all'epoca delle interrogazioni parlamentari.
Una nuova perla della cultura riminese con cui la città finalmente si lega al suo cittadino più grande. Una visita da effettuare insieme ai luoghi simbolo, perché questa è la stessa Rimini vissuta da Federico. Una città di buontemponi, pataca, un dialetto fatto di immagini, un cuore pulsante da millenni.
Cristian
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